Monday, March 16, 2015


Nin toccate la traduzione di latino e greco alla maturità Come sempre Paola Mastrocola - Lezioni d'amore per il latino e il greco, Il sole 24 ore, 14/03/2015 - ha ragione da vendere: sostituire la traduzione di latino e greco con una prova diversa nell'esame di maturità del liceo classico sarà una resa, una disfatta. Sarà l'ultimo atto di quella precipitosa discesa verso l'abisso che farà definitivamente affondare gli studi classici. Non vi è infatti chi non capisca che, abolita la traduzione alla maturità, nessun insegnante di latino e greco riuscirà più a far tradurre un solo rigo ai propri studenti, neanche con il ricorso alle tanto rimpiante punizioni corporali. E se gli studenti non traducono che ne sarà dei supini, degli aoristi, degli ablativi assoluti? Perché è proprio in essi che si incarna il valore formativo ultimo degli studi classici. Come ben spiega Mastrocola, è l'esposizione alla struttura ossea così intricata delle lingue flesse, che fa sviluppare tutte le capacità mentali, sia scientifiche che letterarie, dei nostri studenti, non certo lo studio della cultura classica. La cultura classica è infatti alla portata di chiunque abbia accesso a una biblioteca o, di questi tempi, a una qualsiasi diavoleria elettronica. La struttura della lingua invece va conquistata con il sudore della fronte e con le terga incollate alle sedia. Se non si suda e non ci appiattisce il posteriore a tempo debito si rimane half-witted vita natural durante. È questo disastro che il ministero, mal consigliato da dubbi figuri, si appresta ad avallare. Ci si augura che chi di dovere, in quel di Viale Trastevere, rifletta bene prima di compiere il misfatto. Se proprio la prova va cambiata si provveda a farlo in modo da incoraggiare gli studenti a tradurre di più, non di meno. Si dia dunque un testo non di 15 ma di almeno 50 righe. Non si fornisca il nome dell'autore perché inutilmente fuorviante. In alternativa, si faccia un florilegio di più autori, scegliendo con oculatezza brani in cui la sintassi sia particolarmente complicata. Si proibisca l'uso del dizionario, o almeno si consenta solo l'utilizzo del dizionario monolingue. Se si vuole poi una prova realmente efficace si reintroduca la sana pratica della traduzione dal greco al latino e viceversa. Solo così gli studi classici avranno qualche speranza di sopravvivere.

Tuesday, November 27, 2012

Un’assenza, o meglio un silenzio, colpisce in questo scorcio d’autunno in cui il mondo della scuola è stato prepotentemente riportato alla ribalta dei media. Quello della professoressa, nonché scrittrice, Paola Mastrocola che tante parole ha profuso in passato per denunciarne le magagne. Non abbiamo saputo cosa la professoressa pensasse dalla proposta del Ministro Profumo di aumentare di un terzo l’orario di lavoro dei docenti senza aggiungere un solo centesimo al loro stipendio. Abbiamo avuto un rigoroso riserbo durante le numerose iniziative di protesta dei docenti. Non abbiamo registrato nessuna reazione all’intervista che il premier Monti ha rilasciato a Fabio Fazio la scorsa domenica. Niente di niente. Tutto è bene allora nel migliori dei mondi? Ci viene il dubbio che le questioni di cui si dibatte siano troppo triviali e irrilevanti per ricevere attenzione dalla professoressa. In fondo non sono che un pretesto in più per continuare lungo la china: gli studenti a non studiare e gli insegnanti a non insegnare.

Tuesday, October 23, 2012

Bravo Porro! Nella sguaiata cacofonia che si è levata in questi giorni a proposito dell’aumento a 24 ore dell’orario di insegnamento frontale degli insegnanti – senza aumento di stipendio – proposto dal ministro Profumo nella legge di stabilità, finalmente si è levata una voce non confusa a spiegare come stanno veramente le cose: quella di Nicola Porro che, nel post del 23 o ttobre 2012 del suo blog sul Giornale, fa chiarezza definitiva sulla questione. Invito tutti a leggere l’articolo nella speranza che cessi quel tormentone di lamenti che ha inondato le bacheche di tutti i social network da quando la questione è diventata di dominio pubblico. In attesa che ciò succeda mi permetto qualche piccola chiosa a margine alle argomentazioni così sapientemente dosate da Porro al fine di aiutare i meno perspicaci a coglierne il senso. Tutti hanno dato di tasca propria per uscire dalla crisi. I Parlamentari si sono ridotti lo stipendio e quest’anno hanno anche rinunciato alla ferie pur di garantire la loro presenza in un momento difficile. Molte delle giunte regionali si sono addirittura dimesse pur di non gravare sui cittadini. I dirigenti delle grande imprese pubbliche non solo si sono ridotti lo stipendio ma hanno anche fatto a meno dei loro cospicui fringe benefit. Persino alcuni giocatori di importanti società di calcio hanno deciso di limitare i loro ingaggi milionari. Gli insegnanti erano ad oggi l’unica casta intoccata. Se non se ne fosse accorto il ministro Profumo l’avrebbero passata liscia, in barba ai più. Tra il milione di pre-pensionati ed esodati non c’è un insegnante neanche a pagarlo a peso d’oro. Figurarsi che qualche giorno addietro in un’aula in disuso di un liceo storico è stato trovato un arzillo professore ottuagenario che spiegava imperterrito la perifrastica passiva a ragni e scorpioni. Che motivo avrebbero i docenti di andarsene in pensione quando già lavorano per modo di dire? Meglio rimanere saldamente al proprio posto a sbafare a spese della comunità. Dati i lauti stipendi lo sbafo è garantito. La scuola, si sa, ha il turnover più elevato di tutte le filiere produttive. Basti pensare che l’età media degli insegnanti nostrani si aggira intorno ai 55 anni, tra le più basse non dico a livello europeo ma a livello mondiale. E’ questo ricambio dissennato “messo in atto dall’ultimo residuo di consociativismo politico che ha generato irresponsabilmente il nostro debito pubblico”. Fin qui Porro. Ora alcune implicazioni che Porro per savoir faire non esplicita. I ministri che l’hanno preceduto avevano per così dire preparato il terreno. Il ministro Profumo ha gettato le fondamenta. Chi verrà dopo di lui dovrà completare l’opera. Se l’orario del lavoratore medio è di 40 ore perché non dovrebbe esserlo quello dei docenti? Pensate che risparmio per la pubblica amministrazione. Ce ne sarebbe di che far azzerare lo spread. E questo non è che un passo. Quello successivo potrebbe davvero avere portata epocale. L’istruzione è un bene di lusso. Costa caro. Chi può la paghi, chi no si arrangi. Non si può avere tutto nella vita. Non si possono più dedicare all’istruzione risorse sudate forzatamente estratte dalle tasche dei cittadini. Smantelliamo il sistema e non se ne parli più. Cambiamo l’articolo 3 della nostra costituzione repubblicana e diciamo addio una volta per tutte al nostro sistema di pubblica istruzione. Ormai è più un ingombro che un beneficio. Chi avrà il coraggio di farlo avrà gli onori che spettano ai grandi.

Monday, April 11, 2011


Paola Mastrocola: Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare. Guanda 2011.


Non è la prima volta che Mastrocola scrive di scuola. Anzi. Lo fa regolarmente da qualche lustro piangendo in modo sempre più accorato sui bei tempi andati e auspicando un ritorno a quel mondo in cui le cose erano vere, i docenti insegnavano, gli studenti studiavano e tutti erano felici e contenti. Sembra però che per un loro spirito perverso i suoi scritti precedenti abbiano sortito l'effetto contrario rispetto a quello voluto dalla loro autrice. Più lei si è affannata a decantare la necessità, la bellezza, l'intima e ineffabile felicità dello studio matto, solitario e disperatissimo, più gli studenti si sono ostinati a non studiare e si sono insomariti e le famiglie incarognite a tenerli lì a scaldar banchi e far disperare le povere docenti di lettere del liceo.

Ecco allora Mastrocola metter mano a un saggio che si propone di riformare non solo la scuola ma tutta la nostra degenerata, consumistica e sbrindellata società e tirar fuori il coniglio dal cilindro. Inutile continuare a gettare perle ai porci. Per far felici tutti non mandiamoli più a scuola questi frustrati studenti somari ma facciamo scegliere loro liberamente che cosa vogliono fare. Allo stato attuale, ignoranti e incapaci come sono, cosa mai potrebbero fare? Bisognava pensarci prima. Bisogna pensarci prima. La soluzione è di stampo evangelico e consiste nel separare il grano dal loglio, anzi nel triplicare la scuola. KCW. La sigla è inglese ma il concetto italianissimo, Knwoledge, Communication, Work. Leggi: Liceo, scuola professionale, scuola esperienziale o della comunicazione. Chi ha voglia di studiare vada al Liceo, chi ha voglia di lavorare vada alla scuola professionale, chi vuole divertirsi e giocare con le tecnologie scelga la scuola della comunicazione. Ve n’è per tutti i gusti. Inutile precisare quale opzione prediliga la nostra.

La scelta del tipo di scuola va fatta però a 6 anni perché poi è troppo tardi. Una volta imboccata la strada sbagliata è praticamente impossibile cambiare direzione. Si sa, la personalità è pienamente formata a quell'età e a voler ben guardare si vede già pienamente come sarà l'individuo adulto. Perché ostinarsi a volerlo piegare in una direzione se quello tende in un'altra? E se a sei anni l’alunno non è in grado di scegliere per sé lo faccia la famiglia per lui. O meglio, visto che spesso la famiglia non è in grado di scegliere in base a criteri oggettivi, lasciamo l’incombenza agli insegnanti - possibilmente di lettere del liceo, utilizzati all’uopo come consulenti. A un esperto basta uno sguardo per giudicare e decidere senza tema di fallo. Non in base al censo, certo che no, ma in base all’inclinazione o meno dell’alunno per lo studio astratto. Sarebbe poi auspicabile lasciare libertà di passaggio da un ordine di scuola ad un altro ma, come chiunque può capire, ciò comporterebbe insormontabili difficoltà organizzative e di gestione e quindi una volta operata la scelta ognuno vada felicemente per la sua strada che lo porterà comunque a realizzare pienamente le proprie potenzialità.

La soluzione è di quelle semplici ma indubbiamente efficaci. L’autrice sospetta però che i tempi non siano ancora maturi per la sua realizzazione a breve. Troppi pregiudizi e orpelli di tipo culturale, burocratico, pedagogico. Allora ci viene il dubbio, poco caritatevole ma fondato, che si accontenterebbe di qualcosa di meno. Che cioè qualcuno liberi le sue classi di liceo dall’inutile zavorra – o che diano a lei la possibilità di farlo a colpi di veloce ed indolore selezione - per permettere a lei e ai suoi Demonti – Demonte è il suo prototipo di alunno modello, studioso, che sa tutto e ripete punto per punto quello che spiega l’insegnante - di dedicarsi senza affanno alla pietosa opera di tenere in vita il povero Torquato Tasso che attualmente gode di pessima salute. Ci viene anche il sospetto che in questo Mastrocola sia in ottima compagnia.

Wednesday, February 10, 2010


Maria Stella Gelmini grande riformatore

Che Maria Stella Gelmini avesse le doti del grande riformatore lo si capiva già dal cognome. Due sole lettere lo differenziano infatti da quello del filosofo Giovanni Gentile, suo illustre predecessore sullo scranno del Ministero della Pubblica Istruzione nonché padre, nel lontano 1923, dell’ omonima riforma della scuola: l’ultima in ordine di tempo prima di quella appena varata dall’intraprendente ministra. Tale omonimia non deve essere sfuggita al presidente Berlusconi, visto che poco altro aveva su cui basarsi, quando all’inizio del suo terzo mandato le affidò un così difficile dicastero. Da allora il ministro Gelmini ne ha fatta di strada, riuscendo perfettamente a conciliare gli onerosi impegni di un lavoro che svolge da pendolare con una movimentata vita privata.
Il fiore all’occhiello della ministra è senza dubbio la Riforma della scuola che va sotto il suo nome, recentemente varata dal Parlamento. Ad altri lasciamo l’onore e l’onere di entrare nel merito, qui ci siano concesse alcune chiose, per così dire, a margine. Maria Stella Gelmini è persona colta. Deve aver letto Borges e deve anche averne tratto ispirazione. E come il borghesiano Pierre Ménard - che all'inizio del novecento si impose l’arduo compito di riscrivere il Don Chisciotte esattamente com’era - sa bene che il difficile non è fare opera originale ma riscrivere. E se, parafrasando Borges, comporre la Riforma Gentile negli anni venti del ventesimo secolo fu impresa ragionevole, forse fatale; nel ventunesimo era quasi impossibile. A dispetto di questi ostacoli, la tenace ministra non solo ha affrontato l’impresa ma l’ha portata a termine con successo.
La vera novità non va infatti cercata nell’impianto complessivo ma nelle sfumature, nelle pieghe di significato: un’ora di più qui, un’ora di meno la; un cambio di nomenclatura; uno spostamento; una riduzione; un ampliamento. Si pensi ad esempio alla sottigliezza del liceo psicopedagogico diventato liceo delle scienze umane; oppure alla simmetria perfetta del quinquennio della scuola superiore non più diviso in biennio e triennio ma in primo biennio, secondo biennio e anno conclusivo. Sono queste innovazioni di portata storica, che l’interessata con rara modestia evita di enfatizzare. quelle che rendono la sua pur frammentaria Riforma – per citare ancora Borges - ben più sottile dell’originale.
A ben guardare, l’impresa è molto più ardita di una semplice riscrittura. Se si considerano tutti i provvedimenti messi in atto dalla Nostra nei suoi quasi due anni di mandato si può intravedere la grandiosità del progetto complessivo: eliminare tutte quelle incrostazioni che nel corso di quasi un secolo hanno intaccato la purezza della Riforma originale. Elenchiamo di seguito solo alcune di quelle più eclatanti:
- Il dissennato aumento della scolarizzazione, con la conseguente proliferazione di scuole e l’accesso all’istruzione e all’insegnamento di oves et boves;
- La pericolosa assimilazione di tutte le tipologie di scuola, che hanno fatto scadere la licealità a livelli infimi;
- La proliferazione indiscriminata di sperimentazioni, che ha seriamente intaccato la struttura bipartita originaria: licei/scuole tecniche, ovvero: scuole per esecutori/scuole per teste pensanti;
- L’impatto infausto delle teorie psicopedagogiche, che ha irreparabilmente svilito la libertà di insegnamento e incoraggiato e finanche premiato il disimpegno del discente;
- Le mal riposte speranze nell’oggettività della docimologia, che hanno finito per fare di ogni erba un fascio e hanno reso fumosa e inaffidabile la valutazione;
- Lo svuotamento del voto di condotta, che ha fatto scadere l’autorità e l’autorevolezza dei docenti e delle scuola tutta.
Si potrebbe continuare. Si intendeva qui dare almeno un’idea della portata complessiva dell’operato della Nostra, fosse solo per mettere a tacere quei maligni – sempre meno in verità – che invece vedono nell’agire della ministra una pedissequa esecuzione di misure decise da altri per ben meno nobili scopi.
Brava Maria Stella! Come dicono gli inglesi: Way to go!

Sunday, March 15, 2009

La cronica mancanza di fondi fa ribellare anche i presidi.
La cronica mncacza dei fondi delle scuole preoccupa anche i presidi.
Supplenti, presidi in rivolta
"Niente soldi per le sostituzioni"

Friday, March 06, 2009



Ricostituzione del Min Cul Pop

Apprendiamo da fonti bene informate che il governo intende ricostituire il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop). Pare che una commissione vi stia lavorando da tempo e che la sezione propaganda sia già operativa. Il totoministri che si scatena in simili occasioni questa volta è destinato ad avere breve durata. Sembra infatti che a sedere sull’ambita poltrona che fu di Galeazzo Ciano sarà il professor Francesco Alberoni.

A far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte sarebbe stato un corsivo pubblicato il 23 febbraio scorso sul Corriere della Sera in cui il professore invita i giovani ad una mratoria di youTube, chat e discoteche per due mesi al fine di riprendere contatto con la realtà. Il corsivo è sembrato a molti un vero e proprio discorso di insediamento. Contiene infatti in nuce le linee di politica culturale che il governo intende mettere in atto con l’istituzione del nuovo ministero.

Il riserbo è d’obbligo in questioni così delicate. Sembra tuttavia che il neo-ministro opererà di concerto con il Ministero dell’Istruzione. Da alcune indiscezioni di corridoio sono trapelate le prime misure che potrebbero essere presentate già al prossimo consiglio dei ministri. Riassumiamo quelle più significative:

- Oscuramento dei più comuni servizi di chat, social network e siti web di aggregazione (MSN, Skype, Facebook, yuoTube e simili) con schedatura di tutti gli utenti registrati
- Apertura delle discoteche dalle 16 alle 20 nei soli giorni festivi con compilation fornite esclusivamente dalla Discoteca di Stato.
- Proiezione giornaliera obbligatoria dei Cinegironali dell’Istituto Luce in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
- Ripristino dell’Opera Nazionale Balilla - anche se si sta ancora lavorando al nome e alle divise – per l’aggregazione dei giovani e l’organizzazione di marce, esercitazioni, sfilate e parate al fine di mettere in pratica lo slogan mens sana in corpore sano
- Adozione del Manuale delle Giovani Marmotte come testo di riferimento per tutte le attività extracurriculari nelle scuole di ogni ordine e grado
- Pubblicazione di liste di testi di lettura obbligatoria per le diverse fasce d’età. Quelle per le fasce dagli undici ai quindici avrebbero testi quali Il libro Cuore, I Ragazzi della Via Paal, Dagli Appennini alle Ande e simili. Quelli per la fascia dai 15 ai 20, oltre ai Promessi Sposi, Margherita Pusterla, Confessioni di un ottuagenario, Elias Portolu e simili.

Si attendono conferme su ulteriori misure che verranno probabilmente lasciate all’iniziativa del capo di Dicastero.